Falò di San Giovanni

Carica di magia e presagi, quella di San Giovanni è la notte che decide i destini dell’intero anno solare.

Nella tradizione di Langhe e Roero, questo rito di passaggio veniva celebrato attraverso pratiche divinatorie, lavacri di purificazione, raccolta notturna di rugiada ed erbe benefiche come iperico, agnocasto, lavanda, artemisia, verbena, ruta, ribes, rosmarino. Segno visibile del saluto alla nuova stagione, erano i falò di San Giovanni, che il 23 giugno illuminavano i bricchi delle colline, spezzando l’incubo della notte e radunando, attorno al fuoco, tutta la comunità.

L’ipotesi più probabile è che il Cristianesimo integrò all’interno della propria liturgia le feste pagane dedicate al solstizio estivo che, in epoca romana, con il nome di Sol invictus, erano state parte integrante della religione del Sole.

Il rito pagano serviva per esorcizzare o stemperare la paura del cambiamento. I nostri antenati, totalmente dipendenti dall’agricoltura e dalla meteorologia, coglievano appieno l’importanza di quell’evento astronomico, cui corrispondeva la fine dell’inverno e l’inizio della più importante stagione della raccolta. Se l’estate fosse stata propizia, la mietitura del grano prima, e la vendemmia delle uve poi, avrebbero costituito la sicurezza della sopravvivenza: ringraziare il sole durante il suo trionfo, ovvero la notte più corta dell’anno, aveva un fortissima valenza propiziatoria.

LA TRADIZIONE DEL FALÒ

Perché, dunque, i falò di San Giovanni? La risposta è suggerita da San Francesco d’Assisi, che nel suo Cantico dedica due strofe consecutive a sole e fuoco.

Laudato sie, mi’ Signore, […]
spetialmente messor lo frate sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore

Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Sole e fuoco sono dunque parenti stretti. Addirittura, il secondo ha le stesse proprietà del primo: «bello» e «capace di illuminare», sebbene di origine divina, mentre il fuoco è uno strumento derivato, di possesso umano, ma simile per essenza e natura. Accendere il fuoco ha allora una valenza connettiva, significa accedere al potere del Sole e relazionarsi in modo diretto e privilegiato con chi lo ha creato «per noi».

LA RUGIADA BENEDETTA

In quanto festa centrale del calendario contadino, le Langhe presentano una serie di tradizioni ben documentate riguardo il giorno di San Giovanni. Una delle più particolari, riguarda la raccolta notturna della rugiada, che avveniva prima dell’alba del 24 giugno.

Nella tradizione cristiana, la rugiada rappresenta le lacrime di Salomè, figlia di Erode, la principessa che volle la testa di San Giovanni su di un piatto d’argenti. Pentita per la morte del Battista, la coprì di baci e lacrime, ma dalla bocca del morto uscì un vento fortissimo che la spinse in aria dove restò a vagare per l’eternità. La tradizione vuole che la rugiada di San Giovanni abbia la capacità di avverare i desideri, tanto che, soprattutto in Nord Europa, le donne venivano fatte rotolare nei prati se desideravano avere molti figli, o capelli lucenti. Nelle Langhe, veniva raccolta in piccoli recipienti inseriti in una buca, con al centro un telo impermeabile, oppure con un panno disteso sull’erba. Veniva poi conservata a protezione dalle malattie e delle tempeste.