Enkir_spiga

Riscoperto per caso sotto la spinta di una necessità pratica è diventato l’orgoglio dei campi dell’Alta Langa. L’Enkir, nome scientifico triticum monococcum, appartiene a una delle più antiche famiglie di cereali al mondo, ma mai come oggi rappresenta una possibilità di riscatto per molti agricoltori della Langa profonda e il recupero di terreni marginali, che tronano ad essere produttivi.

Insomma, il futuro che viene dal passato.

Per conoscere l’Enkir e la sua storia, abbiamo chiesto aiuto a Fulvio Marino, terza generazione di Mulino Marino, azienda di Cossano Belbo che dal 1956 si è specializzata nella produzione di farine, macinate a pietra, con particolare attenzione alle varietà di cereali locali, antiche e rare.

Come “rara” è la storia dell’Enkir, oggi coltivato dalla cooperativa Sette Vie del Belbo: circa 50 soci che coltivano oltre 70 ettari a 500 metri di altitudine, tra Sale San Giovanni e Montezemolo, per una filiera che dà lavoro a quasi 200 persone.

Fulvio Marino Enkir
Fulvio Marino

Fulvio Marino, come è nato l’Enkir?

L’Enkir nasce dall’intolleranza alimentare che mio zio Flavio aveva sviluppato 20 anni fa per il glutine. Un bel problema per un mugnaio! Insieme a mio padre, cominciarono a selezionare varietà di grani che ne contenessero una quantità limitata. Allora le coltivazioni di grano saraceno, amaranto, quinoa e sorgo (cereali che non contengono glutine) erano rarissime, e si voleva cercare qualcosa di più simile al triticum, ovvero la famiglia del grano (tenero, duro e farro). Dopo molti contatti con istituti e università, giunse da noi un ricercatore iraniano che ci fece dono di un sacco di semi di farro piccolo, il triticum monococcum, uno dei più antichi cereali al mondo perché addomesticato dall’uomo intorno al 7500 a.C., proprio in Medio Oriente. Quello fu il primo contatto con l’Enkir.

E cosa ne avete fatto di quel sacco?

Lo abbiamo seminato e lo abbiamo riprodotto. Lo abbiamo studiato e selezionato, per anni, imparando a conoscerne la storia, i segreti, le capacità produttive e, soprattutto, l’incredibile resa gustativa che concedeva alle panificazioni. In questo, ci ha aiutato molto Alessandro Bertucci, coltivatore dell’altopiano piacentino, un “nerd” dei grani antichi, un vero appassionato, che ci ha messo in contatto con i primi produttori e agricoltori che lo volevano sperimentare.

I chicchi dell’Enkir

Dal Piacentino l’Enkir si è spostato in Alta Langa?

Grazie a Bertucci, abbiamo capito che l’Enkir poteva adattarsi perfettamente ai terreni dell’Alta Langa. Mulino Marino si è impegnato a comprare e trasformare tutta la produzione, purché ci fossero agricoltori interessati e motivati. Fino al dopoguerra, infatti, tra Bossolasco e Ceva si coltivava il grano, ma le produzioni di collina non potevano competere con quelle della nuova agricoltura intensiva di pianura. Non era dunque facile trovare chi ci avrebbe creduto e, soprattutto, chi avrebbe capito il “carattere slow” dell’Enkir.

Cioè?

L’Enkir è un cereale che deve essere coltivato in ottica di qualità, non di quantità. Non sopporta i fertilizzanti e non richiede diserbo, perché cresce più in alto degli infestanti, soffocandoli. Inoltre è perfetto per la rotazione delle colture, in quanto non chiede troppo al terreno. In cambio però, ha rese molto basse.

Ovvero?

Produce un terzo rispetto al grano tenero e l’agricoltore lo raccoglie “vestito”, cioè da decorticare, fattore che incide sul 50% del peso. Questo significa che su 100 kg di Enkir “grezzo”, Mulino Marino ricava poco meno di 50 kg di farina. Il lato positivo è che, se coltivato con le giuste attenzioni e la giusta qualità, viene pagato cinque volte tanto.

L’Enkir non è un’unica varietà?

Enkir è il nome che abbiamo dato al progetto. In realtà “dentro il sacco del ricercatore iraniano” c’erano molte varietà di grani antichi appartenenti a famiglie simili, che abbiamo selezionato. Questo significa che quando viene coltivato, l’Enkir non ha l’aspetto omogeneo del campo intensivo, ma può variare di colore: dal bianco al giallo intenso fino al nero. Non solo un effetto cromatico straordinario, ma la possibilità di preservare una biodiversità notevole, che riduce la possibilità di contagio delle malattie e diminuisce, quindi, il numero dei trattamenti. È un cereale resistentissimo proprio perché diverso: la diversità crea la forza e il gusto.

Le varietà di triticum monococcum che formano l'Enkir
Le varietà di triticum monococcum che formano l’Enkir

Il gusto?

Esatto. Una volta macinato e utilizzato in cucina, il gusto delle diverse famiglie di monococcum che compogno l’Enkir dona un’incredibile profondità di sapore e un profilo aromatico più intenso. Soprattutto, l’Enkir è adatto agli intolleranti al glutine, perché i suoi zuccheri sono molto digeribili e il suo indice glicemico bassissimo. Così, anche mio zio è tornato a godere dei frutti delle sue farine!