Tartufo orso luna

Senza dubbio il tartufo occupa uno dei posti privilegiati nella classifica delle tradizioni delle Langhe.

Conosciuto e apprezzato fin dall’epoca dei Romani, raro e misterioso, connesso in modo inestricabile alla notte e al suo mistero, attorno al tartufo si è sviluppata una vasta cultura agropastorale che oggi abbraccia anche quella del commercio e del settore del lusso.

Ma prima di essere esposto nelle boutique di Milano e New York, il tartufo fu possesso della notte, delle cerche con i cani sotto la luna e, in alcuni casi fu investito di significati simbolici che oggi ci sfuggono nella loro pienezza, ma che possiamo ricostruire attraverso lo studio antropologico di riti e feste ormai perduti.

LA LUNA E IL TARTUFO

Il rapporto tra la luna e il tartufo è uno dei più solidi e documentati, come dimostrano le decennali ricerche del professor Carlo Grimaldi, antropologo ed ex rettore dell’Università del Gusto di Pollenzo. La luna, da quando abbiamo memoria, è il riferimento principale delle semine e scandisce, molto più delle stagioni, i periodi di messa a dimora e raccolta, influenzando direttamente lo sviluppo delle piante da frutto. Così è per il tartufo, che Grimaldi definisce non solo dipendente dalla luna, ma un tutt’uno con essa:

In Langa per tartufi si va nella notte e nel buio si cerca il prezioso alimento che si nasconde alla luce – scrive Grimaldi. La luna accompagna la cerca e la sua variabilità in cielo indica al tartufaio l’appropriato tempo della maturazione del fungo. Non a caso nelle campagne della tradizione alcuni anziani associano il tartufo alla luna vedendo comparative analogie nella forma dell’astro [che viene raccolto] … al tempo in cui la terra si appresta al meritato riposo e il freddo protegge con ostinata avarizia il suo tardivo ma più prezioso e custodito tesoro.

L’ORSO E IL TARTUFO

Più complessa e altrettanto affascinante è la figura dell’orso legata a quella del tartufo.

Lo studio di questo legame lo si deve a Fulvio Romano, infaticabile analista delle tradizioni d’Alta Langa, giornalista e docente di Storia e Filosofia. Romano ha messo bene in luce come la civiltà contadina primordiale identificava nell’orso il carattere del “selvaggio”, ovvero di una natura non addomesticabile, il “selvatico” per antonomasia. Così, la caccia al tartufo – fungo altrettanto indomabile perché spontaneo e non coltivabile, frutto celato delle foreste – avrebbe, secondo Romano, una vicinanza cronologica alle feste ursine, ovvero le celebrazioni apotropaiche che in Piemonte ricordavano il rapporto tra uomo e orso. Sarà un caso, si chiede il professore, che le celebrazioni di San Bruno (6 ottobre), San Gallo (16 ottobre), Sant’Orsola (21 ottobre) e San Fiorenzo (27 ottobre) si celebrino proprio nel mese della raccolta dei tartufi? Perché Bruno, Gallo, Orsola e Fiorenzo sono tutte figure in quelche modo legate all’orso che, scrive Romano: «come si legge nelle narrazioni di Jacopo da Varazze e dei Bollandisti […]da possibile nemico, diventa invece salvifico per il santo e per la sua “nascita” alla vita eterna».

Nel selvatico ursino l’esegesi medioevale aveva trasposto – continua Romano – la mitica, pagana visione del plantigrado come presenza magistrale, a volte risolutiva e quasi catartica della salvezza, non solo mondana ma soprattutto spirituale, degli umani. Ma, mentre l’orso si iberna in una nascosta tana invernale, nello stesso periodo il tartufo esce invece alla luce, si manifesta grazie alla ricerca che ne viene fatta, alla scoperta e munifica raccolta.

Il culmine del calendario ursino e di quello del tartufo, non a caso, cadeva proprio l’11 novembre, durante la festa di san Martino in cui si celebrava il “santo-ursino” per eccellenza.

Era infatti questa la data clou della raccolta del tubero e – insieme – il giorno di inizio del letargo di quell’orso che la civiltà contadina chiamava familiarmente “Orso Martino”.

San Martino diventava l’occasione di un vero e proprio carnevale prima del Carnevale di fine inverno, in cui eccessi e trasgressioni erano consentite e si celebrava l’ingresso nell’inverno, stagione del tartufo per eccellenza.